Non sarebbe male, ogni tanto, poter guardare il mondo in controluce. Si potrebbe scoprire che, se di un volto si vede solo l’ombra, tutte le differenze di genere, colore ed età scompaiono. È partito da questa intuizione il collettivo Comodistrict, che a luglio ha presentato la mostra fotografica Comosiamonoi e che ora vuole esportarla in tutta la provincia (e poi, perché no, anche oltre).
Scattare un’istantanea di Como e delle persone che ci abitano.
Un progetto ambizioso soprattutto perché, come molte altre città italiane, anche Como negli ultimi anni ha cambiato faccia: secondo l’Istat, in riva al lago vivono 12 mila stranieri appartenenti a 124 diverse nazionalità. La mostra cerca, attraverso una cinquantina di ritratti e un video, di dare uno spaccato di questa multietnicità.
“L’idea è partire dalle ombre per arrivare a conoscere i nomi, iniziare dai volti per lasciarsi incuriosire dalle voci” dice Michele Luppi, che con Matteo Cancellieri, Alessio Cimino, Gabriella Mondelli e Simone Becchetti ha dato vita al collettivo. Sullo sfondo, a fare da cornice, c’è Como con i suoi monumenti, da Palazzo Terragni al Teatro Sociale: “Una città che sembra sempre un po’ sospesa tra indifferenza e calore, slanci di accoglienza e chiusura”.
Ombre che corrono, saltano, guardano. Ombre che fumano la pipa sul lungolago o si tengono per mano davanti al Duomo. Visti così, in controluce, non è facile distinguere il volto di Clement, che viene dal Ghana, da quello di Helena che è nata in Francia; la spagnola Anhara somiglia alla filippina Sidney, l’italiana Olivia si confonde con la giapponese Momoyo. Resettare le differenze, insomma: non per cancellarle ma per essere poi in grado, in un secondo momento, di valorizzarle.
“L’integrazione è un processo in corso, la nostra società sta cambiando e il cambiamento per me rappresenta una scintilla di speranza. Dall’unione di culture diverse nascono nuove alchimie, necessarie per la crescita del nostro Paese” dice Simone Becchetti, fotografo e autore degli scatti.
Patrocinata dal Comune di Como, la mostra è stata finanziata anche attraverso il crowdfunding con il sostegno di BeAtlas, che ha permesso di raccogliere circa tre mila euro. È stata presentata a luglio, proprio mentre in città cominciavano ad accamparsi i primi profughi. Il piazzale davanti alla stazione dei treni, nel frattempo, si è trasformato nel limbo di decine di migranti: ogni giorno ci sono ragazzi provano a passare il confine con la Svizzera e vengono rispediti indietro.
“Quando siamo partiti col progetto non potevamo immaginare che la nostra città si sarebbe trasformata in un hub per i migranti diretti verso in Nord Europa” dice Michele Luppi. “Ora è importante anche pensare al dopo, a cosa succederà una volta risolta l’emergenza. L’integrazione è l’unica strada percorribile: per questo vorremmo diffondere il più possibile Comosiamonoi e l’idea che ci sta dietro”.
Associazioni, scuole, parrocchie e realtà del no-profit che fossero interessate a ospitare la mostra possono scrivere a info@comosiamonoi.it.
@giacomofasola